Ridurre la discriminazione nei confronti dei migranti
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Ridurre la discriminazione nei confronti dei migranti

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RIDURRE LA DISCRIMINAZIONE NEI CONFRONTI DEI MIGRANTI

Imparare a conoscere e apprezzare il prossimo.
Il ruolo dei valori e delle variabili cognitivo-motivazionali

Prof. Matthew Olusola Akinyemi
Università Pontificia Salesiana, Roma

Alla base della discriminazione: pregiudizi e stereotipi

Il pregiudizio può essere definito come un atteggiamento o visione preconcetta verso una persona o un gruppo, di tipo positivo o negativo, che si forma in assenza di una conoscenza diretta dei fatti, ossia ben prima che si sia verificata qualsiasi relazione con l’oggetto di valutazione (Van den Bos, 2007). La presenza di pregiudizi, così come la manifestazione comportamentale di questi, rappresenta ad oggi un tema di rilevanza sociale. Infatti, come mostrato da numerosi esempi della storia recente, i pregiudizi sono spesso associati alle discriminazioni verso determinati gruppi sociali (ad esempio, negare l’accesso a specifiche occupazioni, ecc.) e, nei casi più gravi, tramutarsi in violenza o addirittura genocidio. Tale escalation è stata ipotizzata alla fine degli anni ’50 da Allport (1959) il quale ha proposto la cosiddetta piramide della violenza per illustrare il modo in cui anche semplici atteggiamenti negativi possono poi generare esiti negativi e del tutto imprevisti al punto di mettere a rischio la vita di intere società.
Alla base del pregiudizio si situano invece gli stereotipi che costituiscono rappresentazioni semplificate, superficiali e spesso inaccurate di un gruppo sociale (o dei membri che ne fanno parte) derivanti dall’impressione che vi siano caratteristiche comuni a tutti coloro che costituiscono una minoranza (Cavazza, 2005). Nel campo della psicologia sociale, Allport (1954) è stato uno dei
primi autori a descrivere gli stereotipi come schemi mentali rigidi e/o credenze esagerate nei riguardi di un gruppo sociale. Anche gli stereotipi, come i pregiudizi, sono stati talvolta considerati come esiti normali dei processi di pensiero umani (Tajfel e Turner, 1978).
Nelle relazioni intergruppi si innescano tipicamente dinamiche che conducono in tempi molto brevi, sulla base di valutazioni stereotipiche e pregiudiziali, a riconoscere alcuni individui come propri “simili” e altri come “diversi”. I primi, con i quali si condividono caratteristiche ritenute salienti (nazionalità, colore della pelle, età, modo di vestire, ecc.) vengono riconosciuti come membri dell’ingroup mentre i secondi, con cui non si condividono le medesime caratteristiche salienti, vengono categorizzati come membri dell’outgroup. Come mostrato da Tajfel e Turner (1978) nella Teoria dell’Identità Sociale, i membri dell’ingroup sono valutati e giudicati tipicamente in modo maggiormente positivo rispetto ai membri dell’outgroup; inoltre, mentre con i primi si attuano frequentemente comportamenti cooperativi, con i secondi è maggiormente probabile che si inneschino conflitti.
Pregiudizi e stereotipi si pongono alla base della discriminazione, un fenomeno sociale che si verifica nel momento in cui una persona o un gruppo di persone pongono in essere atti o pratiche che umiliano, minacciano, escludono o mettono in pericolo l’integrità di altri individui sulla base di caratteristiche come la razza, l’etnia, l’appartenenza religiosa, il sesso, la presenza di specifiche caratteristiche fisiche, l’identità di genere e l’orientamento sessuale. Le esperienze di discriminazione sono molto frequenti soprattutto tra i membri delle minoranze e tra coloro che appaiono socialmente più vulnerabili come ad esempio i migranti; inoltre, simili esperienze sembrano avere un impatto negativo sui livelli di benessere di questi ultimi, acuendo gli effetti dello stress migratorio, e sui livelli di adattamento al nuovo contesto culturale.
Inoltre, Pettigrew & Meertens (1995) hanno sottolineato come i pregiudizi possono manifestarsi sia in maniera aperta e dichiarata sia in maniera più subdola e sottile:
nel primo caso vi sarebbe un attacco diretto al membro (o ai membri) dell’outgroup che viene condotto allo scopo di proteggere i valori tradizionali che regolano le interazioni tra i gruppi all’interno della società, facilmente identificabili attraverso dichiarazioni dirette, comportamenti aggressivi e violenti o altre manifestazioni evidenti di bias; nel secondo caso, invece, il pregiudizio assume caratteristiche differenti, esso si manifesta, tipicamente, in maniera indiretta tramite l’assunzione di atteggiamenti freddi e distaccati: si tratta, in quest’ultima occasione, di una forma moderna di pregiudizio, più latente, che si mostra altrettanto pericoloso nel produrre effetti discriminatori nei confronti di persone percepite come diverse.
Esaminare queste due forme di pregiudizio può essere fondamentale per giungere a una comprensione completa degli atteggiamenti e i comportamenti discriminatori, in quanto il pregiudizio latente può influenzare il comportamento in modi sottili, anche se non è esplicitamente riconosciuto dall’individuo.

Valori, dominanza sociale e credenze associate alla teoria della giustificazione del sistema

Nel corso del tempo si è sviluppata un’ampia letteratura sui fattori che favoriscono la formazione dei pregiudizi e degli stereotipi nei confronti delle minoranze arrivando ad attribuire un ruolo chiave a variabili di tipo sociale, cognitive e motivazionali che interagiscono con ulteriori fattori di tipo individuale o situazionale. Ad esempio, i valori individuali, l’orientamento alla dominanza sociale e le credenze associate alla teoria della giustificazione del sistema sono state spesso messe in relazione con la propensione degli individui a mettere in atto discriminazioni dirette o latenti verso i membri di minoranze, come quelle etniche.

Valori

In accordo con la teoria universale dei valori di base di Schwartz (1992) i valori attribuiscono significato all’esperienza umana e possono cambiare notevolmente da individuo a individuo e da cultura a cultura. Essi sono concettualizzati come obiettivi trans-situazionali circa ciò che le persone reputano importante nella loro vita. In particolare, secondo Schwartz e Bilsky (1987, 1990) il contenuto dei valori permette alle persone di raggiungere obiettivi concreti associati a tre bisogni umani di base: soddisfare i bisogni biologici, coordinare le interazioni sociali e garantire la sopravvivenza e il benessere del proprio gruppo. In particolare, Schwartz e collaboratori (1992) hanno proposto un modello in cui i valori umani possono essere riferiti a quattro dimensioni di base: autotrascendenza (self-transcendence), conservazione (conservation), autopromozione (self-enhancement) e apertura al cambiamento (Openess to change).
Le dimensioni di auto trascendenza e conservazione presentano un focus sociale mentre le dimensioni di autopromozione e apertura al cambiamento si caratterizzano per un focus personale. Nello specifico, in questo modello, che ha ricevuto nel tempo notevoli conferme empiriche in studi condotti in oltre 80 Paesi (Bilsky et al., 2011; Schwartz et al., 2001, 2012), ad ogni dimensione fanno riferimento dei valori specifici che risultano in grado di influenzare le percezioni, gli atteggiamenti, i comportamenti e gli scopi di vita degli individui. Nella dimensione dell’autotrascendenza ricadono i valori della Benevolenza e dell’Universalismo: il primo si riferisce all’insieme di preoccupazioni per il benessere di una ristretta cerchia di persone care e risponde al bisogno di interazione sociale e affiliazione mentre il secondo risponde invece al bisogno di conoscere, comprendere, apprezzare, tollerare e proteggere le persone e la natura e appare motivato dalla necessità di soddisfare i bisogni di sopravvivenza.
Nella dimensione della Conservazione rientrano invece i valori di Sicurezza, Conformità e Tradizione. Nello specifico, la Sicurezza costituisce un valore che risulta orientato al raggiungimento di uno stato di tranquillità, armonia e stabilità sia di tipo sociale, sia nei rapporti interpersonali, sia nel rapporto con sé stessi; il valore della Conformità fa riferimento alla propensione ad aderire alle aspettative, alle regole e alle norme sociali e risponde al bisogno di sentirsi parte di una società e interagire positivamente con gli altri, possibilità che appare maggiormente probabile per coloro che inibiscono i comportamenti anticonformisti che possono ledere altre persone o risultare fortemente inadeguati in uno specifico contesto. Infine, il valore della Tradizione concerne l’importanza attribuita al fatto di riconoscere e tramandare simboli, tradizioni e usanze della comunità di appartenenza, che rappresentano memoria del passato e dell’insieme di virtù, costumi, abitudini e credenze di un popolo.
Nella dimensione dell’autopromozione ricadono i valori di Successo e Potere: il primo prevede un focus su se stessi e concerne la possibilità di mostrarsi competenti e all’altezza degli standard sociali nell’esecuzione di compiti ritenuti importanti e di ottenere approvazione da parte di altri significativi. La possibilità di mostrarsi competente conduce l’individuo a essere valutato in maniera maggiormente positiva dai suoi simili (evenienza che incrementa l’importanza nel gruppo sociale di riferimento) e a ottenere un maggior numero di risorse per svolgere le proprie attività e provvedere ai propri bisogni; il valore del Potere fa invece riferimento a una dimensione universale di dominanza/sottomissione che si riferisce al fatto che gli esseri umani sono soliti stabilire delle gerarchie all’interno dei gruppi sociali definite in base ai ruoli che vengono occupati dai singoli membri della comunità nella vita e nella gestione della comunità stessa.
Nella dimensione dell’apertura al cambiamento è possibile inserire i valori di auto-direzione, stimolazione ed edonismo. Nello specifico, l’Autodirezione si riferisce alla possibilità di agire, esplorare, pensare e scegliere in maniera autonoma e indipendente e risponde al bisogno individuale di esercitare un controllo sulle proprie azioni e con la possibilità di autorealizzarsi sviluppando capacità e competenze. Il valore della Stimolazione si riferisce invece a una preferenza per attività varie ed eccitanti che consentano all’individuo di mantenere un livello ottimale di attivazione. Infine, l’Edonismo fa riferimento a un bisogno dell’organismo connesso con la possibilità di svolgere attività piacevoli e gratificanti, nonché dal provare soddisfazione e piacere da queste stesse attività.
Si segnala infine come nella tassonomia di Schwartz (1992) fosse presente un ulteriore valore denominato Spiritualità, il quale concerne la possibilità di vivere una vita coerente con i propri principi e dotata di significato.

continua in allegato ….

da Servizio migranti 1/2024 – Trimestrale della Fondazione Migrantes Anno XXXIV N.1 Gennaio/Marzo 2024

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